Acqua calda sanitaria e riscaldamento sostenibili grazie alle pompe di calore
Nel mondo delle tecnologie per l’efficienza energetica stanno assumendo grande importanza le pompe di calore (Pdc). Per chi non ne conosca il funzionamento, si tratta di dispositivi che si potrebbero descrivere come “frigoriferi al contrario”, in cui un fluido a basso punto di ebollizione, che circola in un circuito, viene fatto evaporare per assorbire calore dall’ambiente esterno, e poi fatto tornare liquido, usando una fonte di energia esterna, in un condensatore posto all’interno di un serbatoio d’acqua, che così si scalda ricevendo il calore preso esternamente.
Le Pdc non creano energia, ma riescono a raccogliere il calore a bassa temperatura contenuto nell’ambiente con una resa (coefficient of performance, o Cop) molto alta. Per ogni kWh di energia consumata dal macchinario, si ottengono da 3 a 5 kWh di calore: anche se suona strano non c’è contraddizione con i principi della termodinamica; si spende infatti un po’ di energia “pregiata”, come elettricità o fiamme ad alta temperatura, per ricavare molto calore a bassa temperatura, il “due di coppe” della termodinamica.
Aggiungendo a questa loro caratteristica, quella di poter funzionare con la flessibile elettricità, che può provenire da fonti rinnovabili (magari anche prodotta in loco), e il fatto che, in Italia, grazie al conto termico o alle detrazioni fiscali, si riesce a recuperare l’investimento in un periodo fra 5 e 9 anni, ecco che questa tecnologia sta diventando una delle opzioni più amate da chi immagina o progetta la transizione verso sistemi energetici sostenibili. Anche se per ora rappresentano solo il 2% dei sistemi di riscaldamento, ci sono già 550.000 Pdc in funzione in Italia.
Le Pdc più semplici da installare sono quelle aria-acqua, ma hanno il problema di estrarre calore da una sorgente, l’aria ambiente esterna, che ha temperatura variabile e può diventare molto fredda, peggiorando l’efficienza. Va installata all’esterno dell’edificio, si allaccia alla rete domestica senza problemi ma deve disporre di un sistema di sbrinamento automatico.
Le Pdc acqua-acqua, prendono invece il calore da acqua di falda, per esempio tramite un pozzo, che resta a temperature abbastanza costante tutto l’anno, garantendo un buon COP e l’indipendenza dalle condizioni climatiche. Ma non sempre c’è abbastanza acqua a disposizione, e comunque occorre pomparla dalla falda alla Pdc, con ulteriore consumo elettrico e manutenzione di pompa e filtri. Presenta inoltre una maggiore spesa iniziale per il sistema di adduzione e trattamento.
Le Pdc geotermiche, che prelevano il calore dal terreno attraverso sonde inserite in pozzi o scavi orizzontali, hanno un costo per kW superiore, ma anche un ottimo rendimento e quasi nessuna manutenzione. Il calore contenuto nel sottosuolo è dotato di una temperatura costante in ogni periodo dell’anno, questo calore viene convogliato alla pompa da speciali sonde inserite nel terreno in orizzontale a 1 – 1,5 metri di profondità, o in verticale che scendono per decine di metri. Occorre però stare attenti a non estrarre troppo calore dal terreno, soprattutto se asciutto e roccioso, perché se questo accade, ci vogliono poi anni per farlo tornare alle temperature ottimali. Per evitarlo basta però usare la PdC al contrario durante l’estate per rinfrescare gli ambienti, trasportandone il calore sotto terra e ripristinando la riserva termica.
Questi tre tipi di pompe hanno uno svantaggio comune: funzionano con un buon rendimento solo all’interno di una differenza di temperatura fra sorgente esterna e serbatoio di 40-50°C circa, oltre l’efficienza precipita. Questo vuol dire che possono essere utilizzate quasi sempre solo accoppiate a sistemi di riscaldamento radianti a bassa temperatura, in quanto quelli a radiatore richiedono temperature più alte.
Le PdC ad assorbimento, meno usate in Italia, in cui è l’energia di un bruciatore a gas a far muovere il ciclo di espansione e condensazione del fluido di trasporto del calore, funzionano bene anche con sistemi di riscaldamento a temperature più elevate come i radiatori, ma sono meno efficienti quando usate per raffrescare d’estate. Nonostante il metano sia una risorsa fossile, si tratta comunque di una scelta sostenibile, dato che si ha un grosso guadagno di efficienza, sia rispetto all’uso diretto della fiamma in una caldaia che alla stessa conversione di combustibili fossili in elettricità in quelle centrali elettriche che forniscono ancora gran parte della nostra elettricità.
Un altro modo per usare le Pdc, come già sperimentato all’estero, è accoppiando solare termico e accumulo di calore. Si accumula il calore estivo in grandi vasche sotterranee termicamente isolate, contenenti acqua o acqua e ghiaia, o direttamente nel suolo profondo, riscaldandolo con decine di pozzi. Durante l’estate in questi accumulatori termici, viene fatta circolare acqua proveniente da pannelli solari, fino a portarli a circa 90°C. Durante l’inverno si preleva poi il calore per riscaldare direttamente le case. In questo modo, a seconda delle dimensioni dell’accumulo e del clima locale, si copre il fabbisogno di riscaldamento per periodi variabili tra 3 mesi e l’intero inverno. Alternativamente si potrebbero usare tecniche simili accoppiandole con Pdc, creando cioè con il calore estivo una sorgente artificiale a temperature molto più alte di quelle naturali, a cui far attingere le Pdc, riducendo drasticamente il loro consumo elettrico.
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